Squali e sirene



Mi accorgo quando devo svuotare il sacco.
È una sensazione che avviene all’improvviso, proprio come quando il tuo telefono o il tuo pc ti dicono con un messaggio che devi liberare spazio.
In quel momento devi, per andare avanti, per non intasarti per non vomitare le cose ma cercare di assorbirle.
Si assorbe per imparare, per nutrirsi, per filtrare lasciando sul fondo le scorie che verranno eliminate. Si può trarre del buono da tutto, anche solo un risvolto positivo in un mare di inquietudini.
Far parte della categoria dei pessimisti propositivi è abbastanza difficoltoso, poiché ti adoperi nel costruire avendo come amaro finale quella vocina costante che ti dice che le cose non andranno come vorrai tu.
Ma intanto tu vai avanti caparbio, cambi strada o te la costruisci livellando percorsi e spianando colline, passando attraverso i valichi, che ne so, con una galleria se possibile.
Lo fai forse perché sei fatto così ma non ci credi fino in fondo.
È questione di indole avversa.
Tu ci provi a recitare il mantra “dell’andrà tutto bene”, fai ho'oponopono e ringrazi, ti scusi con il creato e mandi dei ti amo al mondo sperando che arrivino a destinazione.
Non sai a chi o a cosa.
Energia positiva, amore incondizionato, vibrazioni che sanno di buono.
Poi però la vocina resta e cosa vogliamo fare? Ammazzarla non si può.
Forse dovremmo uccidere la nostra esperienza, che sa.
Ma anche la nostra coscienza che previene, o il nostro affidarci che non sempre è fatto di tuffi dal quinto piano senza rete.
Dovremmo uscire da noi o rovistare nel baule delle vite passate e tirarne fuori una un po’ sgualcita ma piena di sorrisi e battiti, pronta a vedere il fiore in un campo brullo, la barca in mezzo al mare in tempesta. Senza lasciarsi andare tra le onde o trascurando la bellezza quando c’è.
E farle fare il lavoro sporco per noi.
Sai sorridere sempre? Sorridi anche per me, grazie.
Che di sorrisi ce n’è bisogno e io mostro i miei bei denti, tutti in fila.
Nemmeno fossimo squali sentendoci sirene.