Il lavoro rende liberi



“Il lavoro rende liberi”, scriveva lo scrittore tedesco Lorenz Diefenbach, intitolando un suo romanzo nel 1872.
Il povero Lorenz non sapeva che poi questa frase sarebbe diventata un’icona malvagia.
"Arbeit macht frei" venne usata come motto in molto campi di concentramento dando un sapore beffardo al ben noto cancello di entrata, non solo di Auschwitz ma di svariati campi di sterminio.
Poiché quello erano, aberranti luoghi di morte e tortura.
Ora non me ne vogliate se nelle mie riflessioni quotidiane scomodo un genocidio per paragonarlo al significato di una frase, ma per me quei folli nazisti ci videro l’iperbole atroce di ciò che significa.
Perché se c’è qualcosa che rende schiave le persone è proprio il lavoro.
Ma questo modo perverso di vivere l’abbiamo inventato noi rifuggendo tutto ciò che era naturale fare.
Eravamo venuti al mondo per seguire i ritmi che la natura ci offriva, ora l’abbiamo stravolta e cerchiamo di pilotarla, non riuscendoci mai del tutto, poiché essa spesso si ribella e ci spazza via come formiche, decretando la sua supremazia assoluta.
Abbiamo inventato il denaro, abbiamo dato valore a della carta e a del metallo.
E senza di essi non possiamo più sostentarci, non possiamo più decidere di vivere di altro, di scambi o baratto, di capacità.
I talenti sono spesso messi da parte per produrre denaro, per farsi una famiglia, che vedrai poco e male perché devi lavorare.
Accumulare soldi e nevrosi, insoddisfazioni croniche, ingiustizie. 
Subire i capi, il mobbing, i colleghi squali, i demansionamenti, farsi raccomandare per salire in cima ad una collinetta di merda dalla quale guardare gli altri che affogano nel mare dei nessuno.
Cosa siamo diventati.
I pochi che riescono a fare della passione una risorsa economica, cercando di mettere su un’impresa singola, un lavoro autonomo, hanno il sorriso a corrente alternata. 
La fortuna è maggiore ma forse i figli li vedranno in cartolina poiché il tempo non esisterà, non esisterà il dopo lavoro, non esisterà quel poco di privilegio di avere le ferie pagate o la cassa malati.
La mente produrrà sempre, una catena di montaggio senza pulsante di spegnimento.
Sì perché devi essere competitivo, se no sei fuori.
Sei fuori da questo schifo.
Ma magari si potesse stare fuori.
In Occidente, come si fa a stare “fuori” mi chiedo.
Allora è lì che la frase “il lavoro rende liberi” mi fa talmente incazzare che penso solo sia stata detta da un uomo d’altri tempi, ignaro di come si sarebbero evolute le cose, che viveva forse in un'epoca in cui i ritmi certamente non erano questi.
Ciò che ci avvicina di più alla libertà sono i pensieri e ciò che può darci un barlume di speranza è la cultura, l’essere onnivori di ogni genere d’informazione e approfondimento storico, letterario, artistico, per non dipendere mentalmente da niente e da nessuno.
Per il resto siamo nella merda fino al collo tutti, anche chi pensa di stare bene.
Il mondo è bello davvero, un bel posto in cui stare.
E mi dispiace per lui se ci siamo anche noi.