E' tempo di venerdì




Andava in quella pizzeria ogni venerdì sera da parecchio tempo.
Aveva stabilito nella sua testa che quello dovesse essere un rituale, tanto di tempo ne aveva molto lui. Dopo la morte di sua moglie i giorni passavano appena e le ore erano lunghe,  di sicuro non erano di sessanta minuti, di questo ne era certo.
Aveva trovato svariati modi per riempire quegli spazi vuoti dati dall’incessante battito del suo cuore, quasi a scandire un countdown.
Si sentiva come avesse inghiottito una sveglia, ricordandosi quando suo figlio da piccolo guardava il coccodrillo di Peter Pan alla televisione.
Non era una bella sensazione.
Allora la sua giornata cominciava alzandosi con convinzione, continuava sistemando un po’ casa prima di vestirsi per andare alle scuole elementari a spazzare il cortile e a dare una mano come poteva.
Alle volte non c’era da fare nulla poiché i bidelli facevano il loro lavoro e se ne tornava a casa, ma lui ci andava comunque, guarda caso proprio quel giorno non avessero avuto bisogno di lui.  
Poi passava sempre dall’ospedale.
Da quando aveva dato qualche parola di conforto ad una giovane mamma che aveva la bambina ricoverata in pediatria ci passava tutti i giorni.
Guardava i bambini come si guardano dei quadri, pensava che fossero perfetti e non si dava pace che potessero essere distesi in un lettino in preda a chissà quale malattia.
Faceva un po’ il nonno di tutti loro e li faceva ridere, poi se ne andava quando le occhiatacce delle infermiere, come degli orologi svizzeri, gli facevano capire che era ora di pranzo.
Le 11:30.
Nemmeno le galline mangiavano a quell’ora, se lo diceva tutte le volte andandosene e scuotendo la testa.
Il pomeriggio si quietava un poco, guardava la televisione, leggeva o faceva le parole crociate.
Nessun pisolino.
Tanto tra poco avrò tempo per riposare, pure troppo, si diceva.
Aveva provato ad andare in un circolo per anziani qualche volta, ma giocavano sempre a carte e a lui non piaceva proprio, poi s’intristiva.
Incontrare altri orologi a fine corsa gli metteva una specie di manto addosso che lo faceva arrivare a sera in malo modo.
Il venerdì invece era felice.
Era felice perché la sera sarebbe andato in pizzeria e l’avrebbe vista, finalmente.
Lo serviva al tavolo e la trovava ogni giorno più bella.
Una ragazza Ucraina, Ania. 
Sembrava dipinta da un fiammingo, lo sguardo serio, di chi ne ha viste un po’, si scontrava con la delicatezza dei lineamenti.
Era giovane, avrà avuto non più di venticinque anni. Non aveva mai osato chiederglielo, non voleva che lei pensasse male e lui era comunque un uomo di altri tempi.
Tempi in cui le donne si guardavano per troppo tempo prima di conoscerle davvero e si lasciava spazio alla fantasia.
Ci si conosceva piano piano dai gesti, anche da lontano. Si raccoglievano tutti i tasselli come un puzzle e non facevi nemmeno a tempo a finirlo che eri già bello che andato.
Arriva in silenzio e anche se non vuoi, l'amore, lui arriva e non sei più lo stesso.
Immaginarsi un mondo non suo era la cosa che lo faceva sentire più vivo di tutto.
Aveva notato ad esempio l'evoluzione di Ania da quando era arrivata come cameriera.
Dapprima era timida, impacciata e triste. Ora era disinvolta, sicura e tranquilla.
E anche più bella.
Lui pensava che si fosse innamorata di recente perché i suoi occhi severi si erano addolciti e si porgeva a lui con più dolcezza.
La guardava muoversi tra i tavoli con una grazia che se fosse stato giovane quanto lei avrebbe fatto di tutto per conquistare il suo cuore e portarsela via.
Per fortuna era un vecchio saggio e la sua cotta se la teneva per sé, senza far trapelare nulla se non qualche sorriso e una bella mancia, solo per lei, tutti i venerdì.
Però si era ripromesso che un giorno le avrebbe parlato, sì, le avrebbe chiesto come stava e che musica amava ascoltare. Le avrebbe chiesto della sua terra, se le mancava prima di tutto.
Immaginava quanto fosse stato difficile andarsene per una giovane donna nata altrove.
Magari anche lei si sarebbe aperta un po’, visto che era un cliente abituale, una faccia nota, sorridente e gentile.
Sì, ma non questo venerdì, il prossimo.
Peccato se lo dicesse tutti i venerdì.
Si preparò con cura, non tralasciò alcun dettaglio.
La cravatta blu con l'abito grigio, le scarpe nere lucidate con la cera d'api, un fazzoletto di seta nel taschino sinistro. Vicino al cuore.
E s'incamminò.