14 febbraio, giovedì



Lei se lo sentiva dentro, si era innamorata.
Era successo un giovedì, non uno qualunque. Il giorno di San Valentino.
Le sembrava di buon auspicio la cosa e nel contempo altrettanto stucchevole.
Innamorarsi a San Valentino era come nascere a Natale, quasi fosse fatto apposta.
E invece no.
Si sentì invadere da quel qualcosa che prende le viscere e che non molla, ma non come non avesse digerito bensì come se avesse digerito anche troppo, un languore perenne.
Non era mai stata romantica e quando raccontò alla sua migliore amica e sorella d’anima la sensazione che provava, questa si sbellicò dalle risate.
Evidentemente il suo realismo doveva essere divertente.
Tranne che per lei, lei si sentiva non all’altezza di un altro amore.
Aveva paura.
Sapeva che non era una situazione facile, temeva di tuffarsi ancora.
Gli ultimi tuffi li aveva fatti a piscina vuota, o meglio, la piscina era piena ma poi qualcuno aveva provveduto a togliere il tappo a sua insaputa.
L’acqua se ne andava piano, lei nuotava ancora da sola.
Come sempre, da sola.
Quindi decise di non tuffarsi subito, decise di stare ad osservare a bordo piscina.
Guardava la vasca, non era da lei, per una volta guardava e parlava d’amore senza tuffarsi.
Voleva vedere se lui si sarebbe tuffato per primo, se avrebbe indugiato, se avrebbe aspettato come lei.
Un tuffo all’unisono sarebbe stato comunque una cosa bellissima.
Un grande tonfo, con spruzzi e gioia. Acqua e bracciate di felicità.
Lui la sorprese tuffandosi  per primo.
Si tuffò felice come un bambino.
Era bello come un Dio Greco.
Coraggioso come Leonida.
Si tuffò con il cuore in mano, senza pensarci, seguendolo e basta.
Rimase colpita, non ci credeva. Risalirà, si diceva. Nessuno si è mai tuffato per me.
E invece no.
Lui nuotava e la guardava, parlava d’amore e non smetteva.
Doveva fare qualcosa per levarsi le paure e fu allora che parlò al suo cuore innamorato e impaurito.
Si fece piccola e si guardò dentro, fino in fondo, con gli occhi chiusi arrivò lì, dove batteva forte.
Lo guardò grata.
Batteva per garantirle la vita, incessante, mai stanco.
Lei lo strinse per fargli sentire la sua gratitudine, gli disse che gli voleva bene.
Scorse una piccola porta e vi entrò.
Rosso e accogliente, ma con qualche nodo di amarezza che lei provvide a sciogliere piano.
Levò le delusioni, simili a veli che non facevano scorrere bene il sangue come avrebbe dovuto.
Il rancore aveva preso lo spazio dell’abbandono, lei lo accompagnò decisa fuori dalla porta.
Prese tutto il dolore e lo gettò, cercò ovunque per trovare tutto l’amore che poteva.
Era stato relegato in certe stanze spoglie.
Lo liberò.
Come farfalle, invase e riempì buchi e crepe, e sentì un calore penetrare tutti i muscoli.
Si sentiva un albero, radici albero e fusto, pieno di linfa, rivolto al cielo.
Uscì ringraziando e riaprì gli occhi.
Lui era ancora nella vasca che l’aspettava, lei si tuffò.
Nuotarono l’uno verso l’altra, si abbracciarono e così i due cuori con loro.
Non erano mai stati così felici.
E liberi.
Anche di amarsi.