Lettera di un matrimonio



Carissima,
finalmente riesco a prendere carta e penna e dedicarti un po’ di tempo, però lo ammetto, non vedevo l’ora di raccontarti parte delle emozioni vissute nel giorno più importante della mia vita.
Vorrei  iniziare dicendoti che mi sentivo bellissima, come tutte le spose che si sposano volendo farlo, in un abito bianco avorio da sera. Pochi vezzi, lo sai che non li amo, linee pulite, acconciatura sobria, poco trucco, sorriso smagliante. Il sorriso faceva tutto, credimi.
La cornice del quadro però nobilitava ancor di più la bellezza del momento. Venezia era splendida, anche se le nuvole avevano deciso di giocare a rincorrersi nel cielo, cariche di tutta la pioggia che sarebbe caduta in serata, quando oramai esausti, non c’importava più del tempo.
Forse quei grigi hanno caricato ancor più di luce argentea la città, i canali brillavano.
Dalla gondola che mi portava alla bellissima chiesa dei Gesuati, alle Zattere, sono riuscita stranamente a lasciare da parte l’emozione e a godermi l’aria salmastra pungente, il gioco dei gabbiani che volavano bassi. A rimirare, come fosse la prima volta, tutti i Palazzi che si affacciano sul Canal Grande, ritenendomi fortunata che tale bellezza condividesse  il mio giorno con lei.
Arrivata in Chiesa ero rinfrancata e felice.
La cerimonia è stata molto bella, gli addobbi saggiamente dosati, sembrava ritagliato tutto per noi.
Forse lo era. L’incenso credo desse fastidio solo ai miei cari visti gli occhi rossi delle zie e dei parenti tutti, io ho sempre amato l’odore inequivocabile di Chiesa, anzi, se devo dare un nome ad un odore so che quello ha un nome sacro.
Finita la cerimonia, avevo un anello lucente all’anulare sinistro, uno dei miei sogni si era avverato.
Guardavo la mia mano e non ci credevo. Guardavo la mano del mio sposo e trovavo la seconda metà del cielo.
Una volta scesi dalla scalinata, inondati dal riso, ci festeggiavano anche i turisti capitati per caso, festa e belle parole, di buon auspicio.
Mano nella mano camminando, ci siamo goduti da protagonisti il nostro momento di assoluta gioia.
Non ricordo nemmeno chi ci accompagnava nel tragitto, chi è riuscita a prendere il mio bouquet di calle e fresie gialle. Ricordo solo lacrime, sorrisi, lucentezza, due anelli, due mani intrecciate, odore di Chiesa, parole intense, sguardi d’amore, la traversata in lancia con i capelli già spettinati , Il Molino Stucky che ci aspettava per il rinfresco, la musica, l’imbrunire, il tramonto prima della pioggia, nell’unico varco di cielo che la giornata ci ha fatto vedere con i suoi colori di fuoco.

Spero di vederti presto, mi sei mancata.
Ti voglio bene
Cecilia