Quando avevamo le ali



Sì, ne sono certa.
Siamo tutti dotati di ali quando nasciamo.
Sono giovani ali adatte a far compiere i primi passi traballanti ad un piccolo esemplare di uomo che proverà la loro efficacia non appena inizierà a stare in posizione eretta.
Quanti piccoli voli, quanti tentativi di sfidare la forza di gravità andati non propriamente a buon fine.
E il nostro insistere è la prova di quanto l’essere umano non sia programmato per il fallimento ma per la riuscita. Deve esserci  proprio un grosso baule genetico che ti spinge a provare e a riprovare fino a che non ce la fai.
Fino a che spicchi il tuo primo volo.
I primi anni di vita saranno tutto un risultato, tutta una scalata verso i nostri traguardi, applauditi da mamma e papà, che però, da un lato ti spingeranno e dall’altro cominceranno a metterti paletti e lacci. Sono transenne “a fin di bene” quelle che sono state trasmesse anche a loro, addirittura filtrate, diversificate e ridimensionate.
Impareremo a non fare questo e a non dire quello, impareremo a salutare tutti anche gli stronzi, perché la buona educazione innanzitutto.
Impareremo a disciplinarci perché non possiamo correre liberi quando ne abbiamo voglia, se ci va bene possiamo farlo al parco, sempre che ci portino; dipendiamo dai grandi.
Impareremo a stare.
Il verbo stare vuol dire tante cose.
Stare in società, in casa, con gli amici, a scuola, al mondo.
Sempre per trasmissione e per emulazione, mai per decisione autonoma, per indole.
Anzi, le indoli ribelli devono essere spianate, livellate, impasticcate, analizzate, incasellate, messe a posto.
Il terrore di avere un bambino imperfetto aleggia più delle ali che possiede ancora.
E non sappiamo che cominciamo a tagliare.
Vogliamo che voli ma non dove e come vuole, vogliamo che pensi ma non troppo diverso da noi.
Noi andiamo già bene così e lui deve adeguarsi al nostro modo di pensare, agire, rapportarsi, essere competitivo, non chiudendosi però nel suo mondo virtuale o fantasioso e forse migliore, forse.
Non sopportiamo il fatto che nostro figlio possa essere secondo a qualcuno.
Vogliamo che abbia dei buoni risultati scolastici ma non c’interessa se la scuola è diventata pretenziosa ma noiosa.
Se insegna alla media e non al singolo, se non tiene conto di tutte quelle sfumature che siamo, perché non può, in modo evidente.
Nella media non si riconosce il diverso.
E continuiamo a tagliare.
Arriviamo adulti in un attimo e formati, sì formati.
Abbiamo preso la forma del contenitore in cui ci hanno messo.
Se abbiamo avuto fortuna il contenitore era bello, sennò ad ognuno la forma che gli è toccata in sorte.
In tutto questo le cadute, i piccoli voli, le esplorazioni, i tentativi di diversificarsi dal mucchio, saranno già un ricordo che presto dimenticheremo.

Farà parte del nostro passato, di quando avevamo le ali e potevamo volare.