Facebookology



Ci sono comportamenti che non capisco e che hanno preso sempre più piede in questi  anni di mia presenza su Facebook.
Alcuni atteggiamenti passano per leciti ed ammissibili in questo spazio comune e virtuale che, se fossero fatti invece di presenza, in un gruppo, sarebbero allucinanti e probabilmente la persona in questione sarebbe etichettata come maleducatissima e sicuramente evitata.
E’ vero che spesso nella vita reale di tutti i giorni ci si confronta tra amici, dove i toni, i modi di dire, i ragionamenti possono essere anche esagerati, al limite della volgarità, diciamo grassi. Se invece ci si confronta tra semisconosciuti, i toni si placano, l’atteggiamento verbale è supplito dal modo di muoversi, di gesticolare. Si dà peso al tono della voce, dal modo in cui si espongono i pensieri.
Si hanno più carte da giocare.
Paradossalmente qui dentro, che si dovrebbe dire la propria ancora più attenti a non ferire a non travolgere per forza, a non essere dei caterpillar della parola si fa esattamente il contrario.
Si cerca il sensazionalismo e troppo spesso l’ultima parola, come una sentenza.
Uomini che di persona non saprebbero guardarti fisso negli occhi diventano dei Casanova, donne che esprimono la loro rabbia repressa e compressa tirando fuori tutto il loro acidume nello scrivere, usando però una marea di emoticons per confondere le loro acque torbide.
Insomma qui tutti spaccano tutto, son tutti grandiosi, impegnati, realizzati, fighi, risolti, consapevoli e…poco umani.
Qui si diventa delle Rockstar, senza nemmeno saper suonare.
Più commenti contro, anche in post dove nessuno t’ha invitato e più fai audience. Il bello è che, fino a che sei tra amici, dove si spera che ti conoscano un po’ e che sappiano riconoscere anche le tue doti, va tutto bene. Quando invece ti trovi in post di sconosciuti in cui si sta discutendo di tematiche importanti, magari sociali, politiche o religiose (gineprai da cui spesso mi dileguo) scatta l’aggressione, la saccenza, l’ostilità accesa.
A volte mi riconosco in toni accesi pure io, poi ci penso sempre e mi autoanalizzo, qualcuno anche mi fa riflettere, sono umana.
Questo filtro, qual è Facebook, che ci scherma da ogni lecito comportamento, ci fa venir fuori veri e reali oppure esaspera i toni che uno poco coraggioso non avrebbe mai nel momento in cui si trovasse vis a vis con i suoi interlocutori?
Ci sono le passioni passeggere, quelle che sbocciano la mattina sotto un cornetto e cappuccino linkato e finiscono la sera all’imbrunire. Quelle che durano da Natale a Santo Stefano, che promettono amicizia eterna e sottolineano affinità elettive fuori dal comune ma che il giorno dopo sono ben che dimenticate, superate, passate a miglior vita. E tu, che sei un po’ alla vecchia maniera per cui una mano stretta vale più di un contratto ed una buona parola conta come una promessa,  rimani un poco delusa quando vedi che semplicemente ieri era ieri e oggi è oggi, domani checazzovuoi.
Poi c’è chi ti ignora, ti ignora ma sa tutto di te poiché ti osserva.  E più sei seguita più ti ignora, ma tu lo sai perché purtroppo questo è come un condominio e certi comportamenti o ti vengono riferiti o si vedono lontano un miglio. C’è chi la chiama invidia, io non la chiamo perché l’invidia è una cosa che si discosta talmente tanto dal mio modo di essere che non la chiamo proprio.
Anche chi ti cancella spesso trova scuse che non stanno né in cielo né in terra invece di dire il vero –“Non mi piaci, mi stai sulle balle” ti ritrovi spesso scuse di questo tipo, come avessero un copione prestampato che ricevono per posta come il catalogo dell’Ikea ,“Se te ne accorgi ora che ti ho cancellato qualche domanda me la farei fossi al tuo posto -(come se tutti noi ogni mattina facessimo l’appello: Abatantuono…Presente!), io per mia abitudine tengo tra gli amici quelli che conosco davvero o con cui ho un vero rapporto virtuale qui dentro, ricambiato”. E poi li trovi sotto bacheche in cui, conoscendo la/il proprietaria/o sai per certo che non li cagherà manco se calerà Cristo dal cielo.
Un po’ mi tocca da vicino questo, lo ammetto. Ho ricevuto più di una volta questa risposta, perché essendo una testa di minchia chiedo lumi. Mi garba sapere se, anche involontariamente, ho fatto qualcosa di sbagliato. Mi piace chiedere scusa eventualmente, non per recuperare chi non mi ha nemmeno degnato di una spiegazione, solo per chiedere scusa.
Ma l’avevo già scritto poco fa che sono una grandissima testa di minchia.
Altro atteggiamento molto maleducato è quello dei bannati.
Il bannamento ha varie radici, non sto qui a spiegarle tutte, nemmeno ci riuscirei ma diciamo che verosimilmente vuol dire “non ti voglio più vedere, non sei gradita/o, non ho il piacere di averti più intorno, né che tu possa vedere ciò che faccio, dico o scrivo”. Ecco l’atteggiamento di chi ha subito il ban spesso è quello di colui che viene sbattuto fuori dalla porta per poi cercare di rientrare dalla finestra in vari modi.
Creandosi un profilo falso per spiarti oppure controllando tramite qualche amico consenziente e demente di poterti spiare, che poi vuoi spiare cosa? Non lo puoi vedere nemmeno dipinto quello/a lì, cosa spii? Se è felice? Se vive bene anche senza di te? Vuoi godere dei suoi momenti di stanchezza? Pensi che tutto graviti intorno a te e che tutti parlino male di te? Sai che sei da curare? Come giudichereste nella vita reale una persona che vi spia dal buco della serratura poiché gli è vietato  entrare dentro casa vostra?
A me disturba parecchio la cosa, penserei che la persona in questione avrebbe bisogno di fare quattro chiacchiere con qualcuno esperto del settore.
Non un fabbro.
C’è qualcosa di maniacale in questo.
Inquietante, un po’ come nel film Shining.

Stiamoci bene, direbbe qualcuno di molto vicino a me a cui ho rubato la battuta finale.