Dove porta quella porta



Vivere di ore lente, assaporate piano, come quando con estremo gusto indugi nel finire quel dolce così buono.
Potessi rendere perfetto il tutto facendo scarpetta lo faresti.
L’estate è fatta di paesaggi che ti entrano nel cuore, di quell’indolenza che ti assale fatta per resettare i pensieri di una quotidianità da cui hai voluto staccare, almeno per un po’.
Così ti trovi a sorseggiare un amaro che odiavi e trovarlo buono con la sicurezza che nella dimensione che hai lasciato lo troveresti detestabile come sempre.
Forse è per i gesti che non ti appartengono e per la disposizione d’animo, che il periodo del distacco dovrebbe essere preso come una porta che apri in un’altra vita, in cui tu sei un altro tu in cui fortunatamente non ti riconosci, in cui finalmente vivi quasi come un animale.
Nel fare trovi te stesso e tutte le cose.
Trovi collocazione, serenità, appagamenti profondi e non gioie di superficie.
Un cielo stellato di luglio in uno sfondo nero e vellutato come solo la notte può regalarti, una luna carica di luce a curare i tuoi occhi stanchi.
Non hai bisogno di altro, se ci pensi.
È tutto lì fuori, tanto da riempirti di questo mondo.
Tanto da dimenticarti per qualche ora perfino tutto il dolore che contiene.
Vorresti non saperlo.
Integrarti in un sistema che non ha bisogno di carte di credito e password per esistere, tenerti i vestiti che hai per tutta la vita, eliminare i capricci dettati dal possedere, darti al baratto, coltivare il tuo orto.
Essere talmente tanto ancorati ai luoghi da riuscire a capirli.
Siamo un’antenna, un passaggio obbligato tra la terra e il cielo, tra il profano e il sacro, tra ciò che si fa e ciò che si è e che non ha bisogno di nulla se non di esistere.
È che ce lo dimentichiamo troppo spesso.
Una volta che hai riequilibrato le energie di cui sei dotato e centrato la tua rotta interiore, da quella porta ci devi rientrare.
Dovrai fare pace con i pensieri, destreggiarti nel caos, occuparti ancora una volta di qualcosa, di qualcuno.
E scordarti ancora una volta di te.


Foto di Lylica  Galatea