Ora, riportami a casa



Accostati, voglio scendere.
Ho bisogno di aria e qui dentro non respiro.
Fammi appoggiare a quel muretto bianco, per favore.
Ecco, così.
Lo senti anche tu quanto ossigeno mi manca dentro?
Quand'ero piccola e mi facevo male piangevo disperata, non per quello che pensi.
Non capivo come mia madre non potesse sentire il dolore che provavo.
Era impossibile per me, pensavo di non essere poi così brava a spiegarglielo, il mio male.
Pensandoci bene è andata così per tutto il resto della mia vita.
Ho tentato di spiegarmi inutilmente.
Forse ho solo urlato, ma urlare non è spiegare.
Urlare è paura di non essere capiti.
Ma quanta paura ho sempre avuto?
L'avrei voluta, lo sai, una famiglia come tante, quasi noiosa.
Di quelle che si amano e si sostengono.
E una sorella, più grande.
O un fratello, più piccolo, per fargli da madre nelle mancanze o nelle distrazioni.
Avrei dato tutto per vedere mio padre e mia madre guardarsi felici negli occhi o in un gesto complice, da amanti e non da genitori, come un uomo e una donna sanno fare senza che nessuno gliel'abbia mai insegnato.
Quei dettagli che fanno la differenza tra l'amore vero e quello raccontato nei libri.
L'avrei così tanto voluta che mi sono riempita la vita di gatti in mancanza di cuori umani, sapendo ben distinguere tra un bacio ricevuto e la carezza di un morbido pelo.
Senti la brezza che viene dal mare, ecco, mi ci voleva.
Annusa anche tu questo odore di sale.
Ti rimette al tuo posto.
Veniamo tutti dall'acqua salata.
Nuotiamo in un guscio di mare.
E ogni tanto ce ne dimentichiamo per ricordarcene quando lo si vede, con le sue onde spumeggianti e il loro rumore mentre arrivano alla riva.
Forse muore tutto nella sabbia bagnata.
Perdona i miei pensieri se puoi, sono quelli di una donna ormai non più giovane.
Tu ancora hai molte onde davanti.
Cavalcale tutte.
Bagnati.
E intriso di vento, vivi.
Ti voglio bene tesoro mio...
Ora, riportami a casa.