Il gatto e l'umano



Acciambellato in grembo al suo coinquilino stava bene, stava proprio bene.
L’umano di cui si occupava, ormai da parecchi anni, era comodo.
In linea teorica era l’umano che si occupava di lui, e noi facciamoglielo credere.
In realtà nessun umano si occupa di nessun gatto, sono i gatti a scegliere se rimanere stanziali in un posto caldo e confortevole piuttosto che optare per la libertà. E questo dipende dall’umano di cui ti occupi, se ti piace come ti accarezza e le fusa ti sgorgano come un torrente impetuoso, be' questo è già un buon inizio per restare.
Le giornate passavano calme e tranquille, anche il divano era comodo, e il letto, il letto era confortevole sopra ogni cosa. 
Infatti era il suo posto preferito anche perché da lì riusciva di scorcio a vedere più stanze, una visuale perfetta, e così controllare le mosse dell’umano sempre in movimento e mai rilassato, a quanto pare.
Non li capiva proprio, sempre scontenti, sempre preoccupati, sempre nervosi. 
Senza pace.
Non si godevano la vita come andava goduta.
Una bella mangiata, una bella dormita, una passeggiata tra i tetti, un corteggiamento qua e là, qualche pensiero filosofico e un po’ di meditazione.
Questa secondo lui era la vita, semplice.
Non si sa perché gli umani dovessero complicarsela così tanto.
Oltre al nervosismo, alla scontentezza, alla preoccupazione, parlavano spesso di soldi, “che fanno girare l’economia”, sentiva dire.
Lui non sapeva nemmeno cosa fossero questi soldi e l’economia, sapeva solo che mancavano sempre.
Lo sentiva dalle telefonate che faceva. 
Li nominava spesso, sentiva di affari andati male e di mancati guadagni, di prestiti, di tassi d’interesse.
Il tutto era estremamente noioso.
L’umano era molto solo e gli parlava spesso quand’era in casa con lui.
Si confessava accarezzandolo.  
A lui piaceva molto quando si confessava, non tanto per la confessione in sé, tanto per la carezza che diventava più affettuosa del solito. Ma non è che non lo ascoltasse eh? 
Poteva ripetere ogni singola parola se solo avesse saputo come si faceva.
Ci aveva anche provato più di una volta a rispondergli, ma ad ogni risposta seguiva una domanda da parte dell’umano “ Hai fame? Dove vuoi andare?”.
Era chiaro che non lo capiva, mentre il gatto capiva lui. 
Ironia della sorte.
Avrebbe voluto dirgli tante cose, principalmente lo voleva consolare dicendogli che morta una gatta se ne fa un’altra, insomma quando c’erano di mezzo questioni di cuore avrebbe voluto dirglielo per farlo stare meglio.
Lui s’innamorava perdutamente di umane che lo tradivano con altri umani.
Il gatto lo trovava normale, non si chiamava nemmeno tradimento. 
Tradimento era quando ti portavano via il cibo con destrezza o ti usurpavano una cuccia.
Tutto ‘sto can can per un  accoppiamento con un altro umano, questa cosa non riusciva proprio a capirla. 
Ma lui ci soffriva e il gatto avrebbe voluto consolarlo anche a parole e spiegargli che la vita era fatta anche di accoppiamenti diversi e che facesse altrettanto anche lui senza soffrire.
Poi infatti lo faceva e si aggiustava tutto, anche questo non lo capiva mica. 
Lo trovava stupido prima figuriamoci dopo.
Comunque, nonostante la stranezza,  il suo affetto rimaneva immutato.
Avrebbe voluto solo spalleggiarlo, confortarlo, e dirgli per esempio che a lui questi soldi mica piacevano tanto.
Si dannava per averne e nel frattempo era sempre triste e scontento, era chiaro che i soldi facevano del male agli umani.
Era così difficile da capire?
Evidentemente sì, e lì non si addentrava oltre.
Troppa fatica, e lui di fare fatica non ci pensava proprio.
Di vivere spiegando non ne voleva sapere, occuparsi dell’umano era anche dimostrargli quanto facile fosse vivere davvero.
Era convinto che con l’esempio prima o poi avrebbe capito e magari si sarebbe dimenticato dei soldi e sarebbero andati a gatte insieme, felici.
Quest’ultimo pensiero lo fece mentre meditava al bordo del letto, punto d’osservazione d’onore della casa. 
Non si faceva sfuggire niente da lì e pure i suoi pensieri diventavano più chiari.
“Imparerai anche tu a vivere sereno compagno mio, ne sono certo.” 
Pensò chiudendo gli occhi.
E schiacciò un sonnellino.