Atlantide


Voglio del blu, del blu oltremare, quello per cui comprendi  l’abisso.
Voglio annusare flutti salati sentire la spuma farsi frizzante nella sua veste bianca,
eleganza che muore.
Guardo sparire le dita nell’acqua, la sabbia le copre con le onde a venire,
ad andare e a venire.
Gocce di sale bagnano il corpo che si lascia portare da movenze continue.
E lì sprofondare tra rena e conchiglie, confondere pelle col paesaggio marino.
Lunghi capelli portati dal mare danzano piano, non fanno rumore,
solo fruscii silenziosi, attutiti.
Dentro una pancia di madre nuoto leggera, il velo bianco lento mi segue,
gioco di pinne.
Senza parlare, bocca di alghe, occhi di giada.
Questo è il mio Atlantide.
Ricordi arcaici di perduta memoria, in cui regnava sui mari una pace celeste,
nessun dolore, soli con Dio.