Immagino



Immagino un esercito di bambini in un fantomatico luogo, tutti riuniti, che scelgono i genitori a cui andare in dono o in accollo, a seconda dei casi.
Me li vedo col catalogo in mano intenti nella scelta.
Dicono che ogni nascita non sia un caso.
Dicono anche che ogni non nascita non sia un caso.
So che è doloroso quello che dico, so che quando hai una vita in grembo, per quanto piccola e non ancora perfettamente formata, sei già madre.
Lo so per certo perché ricordo uno sfarfallio precocissimo e inatteso e avrei ammazzato per proteggerlo.
Quelle capovolte felici in immersione, forse il più bel periodo della vita umana.
Ignari di tutto, lontani dal mondo, accarezzati dalle parole sentite di mamma come un pesce nella boccia.
Non so proprio come si possa abbandonare quel guscio di mare.
Come si decida di scivolare via prima del tempo.
Come possa cessare di battere quel cuore di cavallo pazzo.
Ma succede e non ci è dato di sapere il motivo.
Come non ci è dato di sapere perché lui e non un altro, perché ha scelto me e non la famiglia dell’appartamento di sotto.
Perché la signora del 5° piano sforni figli come fosse una pasticceria e la signora del 3° che ne vorrebbe almeno uno non ne riesca ad avere.
Al di là delle problematiche mediche pseudo-scientifiche e spirituali, di cuore, al di là delle macumbe e delle preghiere, degli abusi e degli amori, delle lotte e degli abbandoni, delle nausee e delle perdite.
Al di là di tutto ciò che è spiegabile, la vita resta il mistero più grande che c’è.
E voglio che resti tale.
Voglio non sapere il perché sono stata scelta, perché a me è andata bene.
Vorrei che molte donne non si arrovellassero se a loro non è toccata questa sorte e si considerassero meravigliose e complete così come sono.
Vorrei che ogni voragine creata dalla perdita di un bambino mai nato fosse riempita d’amore.
Vorrei che non ci fossero vuoti ma che il tentativo di aver donato una vita potesse riempirvi per sempre.