Attivismo da sofa'


Alle volte mi capita di leggere articoli che mi fanno riflettere.
Quasi tutti abusiamo dei social oggigiorno sostandoci anche troppo per svariate motivazioni, anche valide, se non fosse che abusarvi non è mai valido.
C’è chi cerca di fare rete lavorativa, cerca partner con cui collaborare, mostra la sua competenza, pubblicizza la sua attività. Modalità che hanno lo scopo appunto di mostrarsi a più persone possibili per rendersi più visibili e sul mercato.
Ma come sappiamo bene tutti non tutti usano i social con lo scopo di mostrare competenze lavorative, facebook è nato ad esempio per mantenere i contatti tra studenti universitari e alla fine si è allargato ad ogni tipo di esigenza, dalla più nobile alla più bieca.
La situazione a molti è sfuggita di mano ma non lo sa, si sente in perfetta sintonia con la rete di contatti che si è creato. Con un click li aggiunge, con un click li elimina, con un click più pesante li oscura come a decretare la loro “morte virtuale”. E’ tutto così semplice e indolore che anestetizza le emozioni di molti che sentono di poter compiere quasi tutte le azioni senza sentirsi di aver commesso anche dei reati alle volte.
Quindi si copiano le proprietà intellettuali altrui e le si spaccia per proprie pensando di non essere scoperti perché protetti da un monitor e da un contenitore vastissimo in cui tutto sembra perdersi.
Si falsificano le identità, si mente, ci si da un ruolo che nella vita di tutti i giorni non si ha nemmeno di striscio, si diventa altro. Qualcuno di migliore, di affidabilie, di unico, di saggio, di meraviglioso.
Si offende con la facilità di un sudoku per poppanti, si induce al suicidio nei casi più gravi e dolorosi, mostrando tutta la rabbia repressa e facile da vomitare in un luogo in cui con un tasto sei fuori.
Non è come vomitare in casa tua che ti tocca pure pulire, qui vomiti e te ne vai.
Fuori dal contenitore, falsificare un’identità, copiare e offendere sono reati perseguibili per legge.
E per fortuna da un po’ qualcosa si può fare dal punto di vista legale quando si passa ogni misura.
Un altro modo di usare questo spazio comune è sfruttando il prossimo a proprio vantaggio.
Ci sono anche qui svariate modalità, dalla meno grave alla più vergognosa.
Considerato che ci si annusa come i cani spesso si percepisce con chi si ha a che fare, si colgono fragilità, disponibilità, aperture e ci si accomoda pian piano spingendo ogni giorno di più.
E allora ci sono persone che diventano delle grandi orecchie che ascoltano le problematiche di altre persone che avrebbero bisogno di persone esperte e preparate che si chiamano psicologi o psicoterapeuti.
Ammorbano i timpani dei fragili e dei disponibili invadendo spazi anche familiari in cui non dovrebbero assolutamente sostare, altro che accomodarsi.
Succede, non se ne vergognano, anzi, protestano se non sei connesso h24 per gettarti la loro immondizia sui piedi, ammorbandoti la vita.
Fino a che non ti “scanti” -o non interviene qualcuno- e le mandi affanculo passando pure dalla parte del torto.
Finirei con gli sfruttatori.
Quelli che ti promettono lavori inesistenti e appetibili, il tutto work in progress e naturalmente gratis, fino a che “non parte il progetto”. Sono i peggiori, sono quelli a cui il progetto non partirà mai perché il progetto è avere te dentro che gli dai visibilità e pregio.
Anche qui c’è da lavorare su se stessi, rendersene conto, crescere e mandare affanculo non appena tira aria di sfruttamento.
E per concludere citerò il grande sociologo che mi ha tirato fuori questa lunga riflessione, Zygmunt Bauman.
Per Bauman, l’attivismo online è un “attivismo da sofà” e Internet la maggior parte delle volte non fa che “addormentare con intrattenimento a basso costo”.
“Quello che le reti sociali possono creare”, ha segnalato il sociologo, “è un sostituto."
La differenza tra la comunità e la rete è che tu appartieni alla comunità ma la rete appartiene a te. Puoi aggiungere amici e puoi cancellarli, controlli la gente con cui ti relazioni. La gente si sente un po’ meglio perché la solitudine è la grande minaccia in quest’epoca di individualizzazione.
Ma è così facile aggiungere o rimuovere amici su internet che le persone non riescono ad apprendere le vere abilità sociali, che è necessario avere quotidianamente per strada, sul posto di lavoro. I social media non ci insegnano il dialogo, anzi ci inducono ad evitare le polemiche.
Ma la maggior parte delle persone che utilizzano i social media non hanno l’intento di unire, di aprire i propri orizzonti, ma, al contrario, circoscriversi una zona di comfort in cui essere unici, dove le uniche cose visibili sono i riflessi del proprio volto.
I social media sono molto utili, forniscono piacere, ma sono anche una grande trappola.”